MUSSOLINI: LA GLORIA E LA POLVERE

Spesso molti son portati a pensare che i testi scolastici dicono tutto della storia, per filo e per segno. Ma col passare degli anni si scoprono nuovi documenti fatti sparire e messi nell’archivio di Stato perché scomodi o “vergognosi”, che vengono a galla una volta finita una guerra o una dittatura.

È il caso delle testimonianze del periodo fascista.

 Io adoro i documentari, anche quelli della trasmissione La Grande Storia e History Channel.

Quest’ estate ho visto Mussolini: la gloria e la polvere, un documentario che racconta la conquista dell’Etiopia (o Abissinia) e della Somalia da parte dell’Italia attraverso le testimonianze di chi è nato in quei territori.

Vengono documentati anche i quattro attentati (con in più quello al Re Vittorio Emanuele) alla vita del Duce. Fino ad allora non si sapeva se gli attentatori fossero semplici squilibrati o veri antifascisti.

Tutti conosciamo i fatti relativi alla liberazione del Duce sul Gran Sasso, ma pochi sanno che quell'operazione militare aveva il nome di "Operazione Quercia". Essa viene raccontata dei minimi dettagli dai soldati che vi parteciparono.

Quando qualcuno propone la visione di un documentario di storia, si è tentati a dire “Che noia! Sono passati così tanti decenni che non vale la pena pensarci ancora!”.

Invece bisognerebbe convincersi che essi sono un buon mezzo per conoscere in modo piacevole ed efficace fatti del passato che, col trascorrere degli anni, non potranno più essere raccontati di persona da testimoni diretti.

 

Basti pensare alla Shoah. “Che cosa succederà quando scomparirà anche l’ultimo sopravvissuto?” I suoi figli saranno ancora qui per continuare a testimoniare” cit. Elie Wiesel.

Per visualizzare il video si deve accedere su Raiplay , Raitre, La Grande Storia , dopo aver creato un proprio account. Per gli appassionati della Storia, si può fare questo ed altro.


BERLINO: LA CADUTA DEGLI DEI

Spesso i fatti dell’immediato dopoguerra vengono relegati nei libri scolastici a poche righe di testo o riassunti in un unico capitolo, solo perché si tratta di fatti non legati all’ Italia o ritenuti poco importanti. Un altro documentario della serie

“La grande storia” visibile su Raiplay, tenta di porre attenzione alle sorti del popolo tedesco in patria e all’estero, subito dopo la fine della guerra. Nell’ immediato dopoguerra la Germania ha dovuto pagare le tremende conseguenze e le colpe del nazismo. Le quattro potenze vittoriose, Inghilterra, Francia, Stati Uniti e Unione Sovietica, insieme ai capi delle rispettive forze armate, si dividono la Germania in quattro zone. Anche la stessa Berlino viene spartita. Davanti alle cineprese vengono mostrate le immagini che noi tutti conosciamo: l’entrata degli Alleati accolti come liberatori. Ma quando esse si spengono viene mostrata una realtà ben diversa: essi odiano i tedeschi considerati come nemici e ai militari viene vietato di fraternizzare con loro. A farne spese sono soprattutto le donne, i bambini, i soldati, i tedeschi dell’est, gli ebrei deportati e i carnefici. Le donne accusate di collaborazionismo vengono violentate e per guadagnare si danno alla prostituzione. Altre invece si dedicano alla ricostruzione sostituendo gli uomini in età di leva. Tutto può essere riciclato e riutilizzato: gli elmetti vengono trasformati in setacci, le gomme in scarpe e le granate dei mortai in pentole. I bambini non abbandonano la speranza di ritrovare le loro famiglie disperse e per fare ciò si rivolgono ai cinegiornali. Molti ci riusciranno, dato che questa ricerca andrà avanti fino ai primi anni Cinquanta. I soldati che non sono caduti al fronte vengono fatti prigionieri in campi di lavoro dove vengono trattati come schiavi e sottoposti a lavori umilianti e pericolosi (come la bonifica delle mine). Alcuni finiranno per essere accettati dalle popolazioni locali, altri in Russia spariranno nei gulag. Tutti noi conosciamo la Shoah e il genocidio di 6 milioni di ebrei, ma solo ora comincia a venire a galla il rovescio della medaglia, cioè quello dei tedeschi nei paesi dell’est considerati persone non gradite, ai quali viene vietato l’accesso ai luoghi pubblici e ricreativi, obbligati a portare svastiche o fasce bianche al braccio, espulsi e privati della cittadinanza. Si arriverà addirittura al genocidio con uccisioni mediante fucilazione. I 12 milioni di tedeschi espulsi si riverseranno in massa in Germania, paragonata dagli Alleati a una pattumiera. Anche nei confronti degli ebrei liberati dai campi di sterminio, essi non sanno come comportarsi. Si cerca di improvvisare offrendogli del cibo e vengono ospitati in centri d’accoglienza in attesa di imbarcarsi verso la Palestina. Chi non lo fa, tenta di rifarsi una vita in una patria nuova. Alcuni di loro, appena liberati, sfogano la rabbia sui loro carnefici picchiandoli e uccidendoli. Anche le donne accusate di aver collaborato o semplicemente frequentato il nemico vengono umiliate o linciate. Vari collaboratori e gerarchi nazisti vengono processati, altri fuggiranno all’estero o scompariranno nell’anonimato. Intanto Berlino riprende pian piano a vivere: i palazzi non ricostruibili vengono fatti crollare o demoliti, le scuole e le linee ferroviarie riaprono. Anche se per completare la ricostruzione ci vorranno vent’anni, ne basteranno dieci per far diventare la Germania una potenza economica mondiale. Spesso noto che il popolo di Internet scrive battute ironiche disgustose del tipo: “Attendiamo che scoppi la Terza Guerra Mondiale”! Se andassero a guardare i video sulla guerra, si renderebbero conto della stupidata che dicono. La guerra non è una cosa su cui scherzare. Sarebbe opportuno tenere a mente la frase di Erasmo da Rotterdam: “La guerra piace soltanto a chi non l’ha mai vissuta”.


VITTORIA E ABDUL

A fine ottobre sono andata al cinema a vedere il film “Vittoria e Abdul”, tratto dal libro dell’autrice Shabrani Basu che racconta la storia vera dell’improbabile e incredibile amicizia tra la regina Vittoria e il suo servitore indiano Abdul Karim, nominato suo valletto personale.

Inizialmente venne chiesto ad Abdul di rispettare le rigide regole del protocollo reale, tra cui quella di non guardare in faccia Sua Maestà.

Ma le regole piano piano si spezzeranno e il rapporto andrà oltre quello tra una regina e un servo, trasformandosi in una profonda e sincera amicizia.

Abdul trasmette alla regina la passione per l’India, tanto che Victoria ordina di costruire all’interno del palazzo una stanza tutta dedicata all’India con oggetti spediti direttamente da quel paese. Le insegna anche la sua lingua: la sua amica sovrana gli chiede di darle lezioni di hindi, ma il suo “Munshi” (che in hindi indica un maestro spirituale) le fa apprendere l’urdu, in quanto è molto più “nobile”.

La regina da parte sua gli confessa il suo dolore per la morte del marito e lo stress quotidiano a cui è sottoposta, causato da tutte le responsabilità che un sovrano deve assumersi all’insaputa del popolo. Il nuovo amico Abdul riuscirà a sollevarla dal lutto e a farle capire che servire i cittadini è lo scopo della sua vita.

Questa amicizia diventa fastidiosa e scandalosa agli occhi del suo staff, dei famigliari e del Primo Ministro. Essi sollecitano la regina a mandarlo via, ma senza successo. Inventeranno parecchie scuse sul conto di Abdul, che vanno dalla gonorrea alle sue origini umili, inventando persino che non sapesse leggere e scrivere. La regina lo difende dalle loro calunnie fino alla sua morte avvenuta nel 1901.

Appena Bertie, il figlio maggiore, sale al trono col nome di Edoardo VII, ordina di bruciare tutti gli oggetti che facevano riferimento al legame di amicizia. Abdul riesce a conservare solo un medaglione con la foto della sua amica Vittoria.

Egli, tornato in India, muore nel 1909. Fino al 2010, anno in cui venne trovato il diario di Abdul conservato dai suoi famigliari, della loro storia non si è saputo niente.

Mi ha fatto molto piacere guardare questo film-documento perché mostra un pezzo di storia inedita e anche come un’amicizia possa resistere ed esistere nonostante le differenze di classe sociale, cultura, sesso e religione.   

 

 

 

 



LA SHOAH DEI NERI

 

Spesso quando celebriamo la Giornata della Memoria commemoriamo sempre le stesse vittime: ebrei, criminali comuni, prigionieri politici, immigrati, omosessuali, disabili, testimoni di Geova, Rom e Sinti.

 

Ma il saggio scritto da Serge Bilè intitolato “Neri nei campi nazisti”, che mi è stato consigliato da un’amica alle superiori, ci svela una nuova oscura pagina di Storia di cui fino alla sua pubblicazione nel 2005 non si è saputo nulla: quella del genocidio dei neri nei campi di concentramento e sterminio nazisti.

 

Questo sterminio fu preceduto da un altro ai danni dell’etnia herero avvenuto in Namibia durante la colonizzazione tedesca nel 1904. Questo popolo si opponeva ai colonizzatori e all’esercito del cancelliere Otto Von Bismarck. Il numero delle vittime è compreso tra 65.000 e 10.000 in più se si contano anche i nama, membri di un’altra etnia locale.

 

Andando avanti con la lettura del libro si scopre che il celebre “Mein Kampf”, scritto da Hitler in carcere, e le leggi di Norimberga del 1935, non riguardavano solo gli ebrei ma anche gli afro tedeschi discendenti degli africani arrivati con le navi negriere residenti in Germania. Gli appartenenti alla popolazione di origine africana vennero fatti sterilizzare a forza per non “inquinare” la razza ariana e furono inviati nei campi di concentramento molto prima dell’ inizio del conflitto. Gli internati erano per la maggior parte afro tedeschi, soldati americani e membri della Resistenza francese provenienti dalle colonie in Africa.

 

Tra loro c’erano anche scrittori e futuri grandi leader della causa nera come Nelson Mandela, Leopold  Senghor e Aimè Cèsaire.

 

A proposito di Leopold Senghor, questo saggio contiene la poesia “Guelowar” che egli ha scritto una volta tornato dai campi di concentramento. Io lo considero il Primo Levi di colore.

 

Au Guelowar!

 

Ed Eccoci Presi Nelle Reti,

 

Abbandonati Alla Barbarie Dei Civilizzati

 

Sterminati Come Facoceri

 

Gloria Ai Carri Armati E Gloria Agli Aerei!!!

 

Abbiamo Cercato Un Sostegno

 

Che Crollava Come Sabbia Delle Dune

 

Dei Capi ,Ed Erano Assenti, Dei Compagni,

 

Ma Non Ci Riconoscevano

 

E Noi Non Riconoscevamo Piu' La Francia

 

Nella Notte Abbiamo Urlato Il Nostro Sgomento

 

Neppure Una Voce Ci Ha Risposto

 

I Principi Della Chiesa Hanno Taciuto

 

Gli Uomini Di Stato Hanno Mostrato La

 

Magnanimita' Delle Iene

 

Si Tratta Proprio Di Un Nero! Si Tratta

 

Proprio Di Un Uomo!

 

No! Quando Si Tratta Dell'europa

 

Guelowar!

 

La Tua Voce Ci Parla Di Onore,Di Speranza

 

E Di Lotta

 

E Le Sue Ali Si Agitano In Petto

 

La Tua Voce Ci Parla Della Repubblica Che

 

Erigeremo

 

La Citta' Nel Giorno Felice

 

Nell' Eguaglianza Dei Popoli Fratelli

 

E Noi Rispondiamo: "Presenti, Guelowar!"

 

Prigioneri Neri, E Intendo Dire Prigionieri

 

Francesi

 

La Francia Non E' Dunque Piu' La Francia?

 

Il Nemico Le Ha Rubato Il Suo Volto?

 

L'odio Dei Banchieri Ha Comprato Le Sue

 

Braccia D'acciaio?

 

E Il Vostro Sangue Non Ha Forse Bagnato

 

La Nazione Dimentica Della Sua Missione Di Ieri?

 

Dite, Il Vostro Sangue Non Si E' Mischiato

 

Al Sangue Lustrale Dei Suoi Martiri?

 

I Vostri Funerali Saranno Quelli Della Vergine-Speranza?  

 

 

 


HITLER CONTRO PICASSO E GLI ALTRI

 

Il 14 Marzo sono andata al cinema a guardare il film-documentario “Hitler contro Picasso e gli altri” che fa parte della categoria eventi. Il documentario ha come argomento l’ossessione per l’arte da parte dei nazisti che durante l’ Azione Mobili, i cui documenti d’archivio sono contenuti all’ interno del Dossier Gurlitt, trafugarono dai musei e dalle collezioni private possedute da ebrei numerose opere d’arte. Hitler a Monaco nel 1937 ha organizzato una grande esposizione per ostentare l’opulenza e la bellezza dell’ arte tedesca di Stato, contrapposta alla mostra dell’ arte degenerata da distruggere tenutasi pochi giorni dopo nel parco Hofgarten.

 

La contrapposizione tra le due mostre viene utilizzata dalla Germania come arma di propaganda. Allo stesso modo in cui il pugile Max Schmeling, che mette Ko  l’americano di colore John Lewis, diventa il simbolo ariano da mostrare  al mondo.

 

Tutte e sette le edizioni della grande mostra dell’arte germanica sono un inno al mondo contadino, ai vecchi mestieri, ai paesaggi bucolici, alla famiglia e alla maternità. Ciò aveva come scopo quello di stimolare le madri a dare al Fuhrer molti bambini.

 

Il fatto che così tante persone dovettero fuggire dalla Germania, dalla Francia e da tutta l’ Europa e che così tanti dipinti arrivarono negli Stati Uniti ha influenzato la migrazione dell’arte. Il centro dell’arte moderna passò da Parigi a New York. Paul Rosenberg nel 1942 organizza a New York una mostra di Van Gogh.

 

Nel 2012, 1500 opere  di cui si erano perse le tracce ricompaiono nell’ appartamento di Monaco dell’ anziano signore Cornelius  Gurlitt, la cui identità non risultava in nessun ufficio anagrafe da lunghi anni. Egli era custode e collezionista del “tesoro nazi”,  oltre che figlio di un fidato mercante d’arte del Fuhrer.

 

Tornano così alla luce capolavori di Renoir, Matisse, Monet, Kandinsky, Klee. Queste opere vengono esposte dopo una fase di restauro. Oltre ai quadri ci sono anche disegni e sculture, di cui non si riesce ancora a capire come sia avvenuto il cambio di proprietà. Molte di esse sono esposte alla Bundeskunsthalle di Bonn, quelle su carta si trovano invece al Kunst Museum di Berna. 

 

Storici, intellettuali, accademici si misero al servizio del regime nazista e del grande saccheggio dell’ Europa. Tutti i mercanti d’arte tornarono dopo la guerra ad esercitare la loro attività come se niente fosse.

 

Un regime malvagio può sfruttare e manipolare tutte le debolezze umane per costruire un potere di tipo Orwelliano. Quindi la caratteristica dei regimi totalitari è che ogni aspetto della vita e dell’ arte deve essere controllato perché potenzialmente pericolosi.

 

L’arte spesso è una chiave, un cavallo di Troia, un pennello che aiuta a disegnare e cancellare dittature. Il suo potere è immenso e contraddittorio. L’arte può essere un mezzo e un destino, può salvare e condannare, strumento eversivo e macchina di consenso, espressione di libertà e volto dei totalitarismi.

 

Molti storici stanno ancora facendo un grande lavoro per documentare quello che é accaduto e restituire alla storia le persone che ne sono state cancellate.

 

Questo film è già un primo importante passo.

 

Mi hanno emozionato le parole conclusive della voce narrante di Toni Servillo che riporta le parole di Picasso, rilasciate durante un’ intervista con una giornalista francese: “Che cosa pensa che sia un artista? Un imbecille che se è un pittore ha solo occhi, se è un musicista ha solo orecchie o se è un pugile solo muscoli? Un artista è un politico, attento agli eventi strazianti o dolci del mondo. Come è possibile essere indifferente agli altri uomini? La pittura non è fatta per decorare appartamenti, è uno strumento di guerra offensiva e difensiva contro il nemico”.

 

 

 


BOLOGNA, CITTA’ SULL’ACQUA

 

L’acqua è stata l’elemento di base per tante civiltà che non potevano nascere ed evolversi senza un grande fiume, come è accaduto in Egitto col Nilo o in Mesopotamia col Tigri e l’ Eufrate. Altre  città come Roma, Londra e Parigi hanno sempre avuto come via d’acqua e come rifornimento per la vita un grande fiume.

 

Una città può entrare nella storia anche senza avere nelle vicinanze un fiume, un lago o un mare e Bologna ne è la prova: essa ha fatto della mancanza d’acqua uno dei suoi punti di forza.

 

I corsi d’acqua hanno sempre attraversato la città, ma non erano fiumi bensì torrenti, come ad esempio l’Aposa. Il sistema dei corsi d’acqua di Bologna è a regime torrentizio, d’inverno s’ingrossa ma in estate e in primavera è quasi secco. Questo torrente è stato ricoperto per creare spazio e attraversa la città per otto chilometri.

 

A cinque chilometri da Bologna, dove scorre il Reno, c’è una chiusa edificata nel 1300. Una parte del fiume venne deviata da una specie di diga verso Bologna.

 

Prima spettava ai nobili l’utilizzo delle acque del fiume, guidati dai loro interessi; in seguito lo fecero i bolognesi stessi.

 

Bologna era definita “la Venezia degli Appennini”. Se a Venezia l’acqua serve per muoversi, a Bologna era utile per far funzionare l’economia della città. Essa faceva viaggiare le merci e funzionare l’industria dell’ epoca come i mulini.

 

L’acqua fu fondamentale per la lavorazione della seta: le ruote idrauliche non erano a vista, ma all’interno delle case per proteggerne il segreto della lavorazione.

 

Ad una dozzina di metri all’interno del Colle dell’Osservanza è stata costruita nel Rinascimento una struttura capace di ricavare acqua dall’arenaria, la roccia di cui la collina è costituita e che funziona come una spugna.

 

La struttura ha quattro gallerie dalle cui pareti trasudava acqua che veniva condotta in alcune vasche che, riempendosi, dirigevano l’acqua verso un pozzo centrale. Una serie di tubature ad incastro incanalava l’acqua da questo pozzo fino a raggiugere la città, dove essa alimentava la fontana del Nettuno.

 

L’acqua che usciva da Bologna confluiva in un canale navigabile che portava dritto a Venezia, consentendo di arrivarci in sole 40 ore.

 

L’astuzia degli ingegneri e la collaborazione tra i cittadini hanno trasformato la mancanza d’acqua in un punto di forza, facendo di Bologna una nelle più prestigiose città al mondo per almeno quattro secoli.  


LOVING VS VIRGINIA

Un pomeriggio, essendo annoiata e non sapendo cosa fare per passare il tempo, ho deciso di guardare il film “Loving”, che tempo fa volevo andare a vedere al cinema, ma ho dovuto rinunciare a causa di mancanza di sale vicine.

Esso racconta la storia realmente accaduta di Richard e Mildred Loving, una coppia mista (lui bianco lei nera) che si sposò nel 1958 in Virginia, violando le leggi che all’epoca vietavano i matrimoni tra bianchi ed altre etnie.

I due vennero arrestati e rilasciati su cauzione. La corte federale diede alla coppia, dichiaratasi “colpevole”, un ultimatum: un anno di carcere o lasciare lo Stato per 25 anni in libertà vigilata.

I coniugi optarono per la seconda possibilità. In quegli anni ebbero tre figli: Donald, Jeremy e Sidney.

I Loving, dato che gli avvocati della Virginia si rifiutarono di rappresentarli, si rivolsero a Bernard S. Cohen, un avvocato esperto in diritti civili, per far passare alla Corte Suprema un disegno di legge che desse libertà ai matrimoni misti. La causa venne vinta nel 1967.

Sette anni dopo, Richard morì investito da un camionista ubriaco. La moglie perse un occhio nell’ incidente, ma sopravvisse.

 

Questo è un pezzo di storia inedito che vuole dimostrare che l’ amore non ha colore di pelle, né leggi, perchè deve nascere libero!       


 COAST TO COAST ALL’ ITALIANA

 

Quanti di voi fanno le vacanze al Sud? E devono percorrere migliaia di chilometri in autostrada? Immagino tanti, soprattutto i meridionali fuorisede che approfittano dell’estate per tornare nella propria terra e poter riabbracciare amici e parenti.

 

Ho sempre fatto questo viaggio in aereo e solo quest’anno ho provato l’esperienza “on the road”. È stato meraviglioso vedere come cambiano i colori e le caratteristiche del paesaggio nostrano passando da una regione all’altra.

 

Davanti ai mei occhi sono passati: verdi Appennini, campi di girasole dorati, gigantesche pale eoliche, dolci colline, immense campagne bruciate dal sole. E per finire…il mio tanto amato mare, la cui affascinante vista mi è mancata per tutto un lungo anno. Scorrete le foto della gallery qui sotto e riscoprite le bellezze di casa nostra.


I VULCANI SOTTOMARINI DEL MEDITERRANEO

 

Se fossimo vissuti sul fondo del Mediterraneo sei milioni di anni fa, avremmo visto un paesaggio strano e ben diverso da quello attuale. In effetti, per effetto dei movimenti della crosta terrestre, quello che oggi è lo stretto di Gibilterra era chiuso e le acque dell’Atlantico non alimentavano più il Mare Nostrum.

 

Al suo posto c’erano delle pressioni aride con alcune grandi pozze salate, simili al Mar Morto.

 

Poi l’acqua è tornata a riempire delle grandi distese e a ricoprire degli antichi vulcani che scomparvero sott’acqua.

 

Oggi quei vecchi vulcani sono nuovamente visibili grazie a dei ritrovamenti sottomarini da parte di vulcanologi. La  grafica computerizzata ci permette di “sorvolarli” come se fossimo su un elicottero subacqueo, rivelando molte più informazioni sulla dinamica delle eruzioni.

 

Fino a poco tempo fa i remoti paesaggi degli abissi erano conosciuti solo in modo approssimativo, oggi, grazie a nuove tecniche, è possibile disegnarne una mappa con una precisione di dieci o venti metri.

 

Viene utilizzata una strumentazione multilim acustica che, attraverso la misura di andata e ritorno dei fasci, consente agli studiosi di ricostruire la morfologia esatta del fondale, così come la si potrebbe vedere senza la presenza dell’acqua.

 

Le onde acustiche che esplorano le profondità vengono lanciate da uno speciale sonar detto “multibeam”.

 

Negli ultimi mesi sono stati identificati, grazie a questi studi oceanografici, sette nuovi vulcani, di cui cinque già conosciuti, come ad esempio il Palinuro.

 

In caso di eruzioni da parte di questi vulcani, ciò che si potrebbe vedere in superficie sarebbe fortunatamente solo un’ ebollizione di acque calde, gas e qualche pomice.

 

Capire meglio le dinamiche delle eruzioni non è un obiettivo strettamente scientifico: le energie di traiettorie di bombe e lapilli, sparati ad alta velocità dai vulcani attivi, permetterà di valutare con più attenzione le zone di sicurezza per quei vulcani che attraggono numerosi turisti, come Stromboli.


CUORE

Alcuni lettori preferiscono leggere solo libri di autori contemporanei o di recente pubblicazione, scordando che ci sono grandi classici ancora “attuali” in grado di trasmetterci innumerevoli valori ed emozioni. Uno di questi è Cuore di Edmondo De Amicis, autore di spicco dell’Italia appena unita. Cuore è un romanzo scritto sotto forma di diario da un ragazzo di 11 anni, Enrico Bottini, che vive a Torino con la sua famiglia borghese. Nel diario si alternano i racconti sulle giornate scolastiche (e non) con i messaggi che i suoi familiari lasciano sul suo libro per aiutarlo a crescere. L’insegnante di Enrico è il maestro Perboni che in apparenza sembra severo, ma in seguito si affeziona ai suoi alunni trattandoli come se fossero suoi figli. Il ragazzo conosce tanti nuovi compagni:

• De Rossi, il secchione della classe.

• Garrone, di 14 anni, che grazie alla sua stazza è in grado di proteggere i compagni più deboli.

• Garoffi, figlio di un droghiere, molto sveglio e con un gran fiuto per gli affari.

• Nelli, gracile di salute e di costituzione. Cerca spesso sostegno in Garrone.

• Nobis, che si vanta di frequente della sua vita nel lusso, non mettendosi dei panni dei compagni più poveri.

• Franti, il bullo violento della classe, che insulta i compagni più deboli guadagnandosi l’espulsione dalla scuola.

• Stardi, possiede una ricca biblioteca e, pur sembrando lento, con un grande impegno, riesce ad avere successo nello studio.

• Coraci, immigrato da Reggio Calabria.

• Precossi, figlio di un fabbro ubriaco. Torna spesso a scuola coi lividi e ha sempre la faccia triste.

• Crossi, vive con la madre fruttivendola in una soffitta. Il padre, che crede immigrato in America, è in realtà in carcere.

• Betti, figlio di un carbonaio.

• Rabucco, è il buffone della classe che fa spesso il muso di lepre per far divertire i compagni.

• Coretti, figlio di un taglialegna, ex soldato della Guerra d’ Indipendenza, che ha avuto la fortuna di conoscere il Re e di stringergli la mano.

Questi personaggi incarnano il contrasto tra benestanti e indigenti, oltre che rappresentare diverse categorie morali. L’ opera racchiude anche i racconti mensili del maestro. Il mio preferito è quello di Febbraio, ‘L’infermiere di Tata’. È la storia di Ciccillo, un ragazzo napoletano che cercando il padre in ospedale, viene per errore condotto al letto di un moribondo, suo sosia. Nonostante sia uno sconosciuto, il ragazzo assiste il ‘Tata’ fino alla sua morte, rimanendo accanto a lui pur se il padre guarito aveva lasciato l’ospedale. Lo scopo del romanzo è quello di insegnare ai cittadini italiani il valore del sacrificio, dell’amicizia, dell’amore per il proprio Paese e il rispetto per i genitori, gli insegnanti e le autorità. Valori ai quali sono particolarmente legata. I classici, se rispolverati, non possono fare altro che bene anche alle nuove generazioni.


                         A SPASSO CON BOB

Ciao cari bibliodipendenti e amanti dei gatti. Se rientrate in queste due categorie questo libro sicuramente colpirà la vostra anima. Si intitola “A spasso con Bob”, scritto dal musicista di strada ed ex tossicodipendente James Bowen, che ha vissuto la sua infanzia e adolescenza tra Sydney e Londra in seguito al divorzio dei genitori avvenuto all’età di tre anni. In seguito allo sfratto dovuto alla sua dipendenza da eroina, James trascorre la sua vita in comunità, fino a quando non gli viene offerto un appartamento. Egli lavora come bohemien arrangiandosi come può, sottoponendosi contemporaneamente a terapie di disintossicazione. Ma tutto cambia quando un giorno un gatto rosso ferito di circa 11 mesi si ferma davanti alla sua porta. James lo cura dalle ferite per poi lasciarlo libero. Ma questo “pel di carota”, ormai affezionatogli, non ne vuole sapere di separarsi da James. James accontenta il micio adottandolo e dandogli il nome di Bob. Quando James suona la chitarra per strada, Bob sta sempre accanto a lui, lo segue e non lo perde mai di vista. Ciò ha dato popolarità alla coppia di amici e il gatto ricompensa il suo padrone facendogli guadagnare più soldi, aiutandolo ad uscire dalla droga e a riscoprire la magia del Natale. I libri di Bowen, tutti dedicati a Bob, sono diventati dei bestsellers, alcuni solo in patria, altri anche all’ estero, trasformando James e il suo amico peloso in celebrità mondiali. Il 9 novembre 2016 è uscito il film in cui però ho notato alcune differenze con la storia vera raccontata nel libro. Spesso molte persone sono portate a pensare che solo i cani siano fedeli e attaccati al padrone, ma questa storia ancora una volta smentisce queste credenze. Anche il gatto può essere affettuoso e fedele quanto un cane, solo che talvolta non si è in grado di capire il modo in cui ce lo dimostra. Quindi, cari gattofili, lasciatevi amare e conquistare da queste creature meravigliose. Appena possibile sapranno ricompensarvi dell’affetto che gli date!


LA FIGLIA SEGRETA

Un libro interessante che ha come tema l’adozione e la condizione femminile in India è “La figlia segreta ” di Shilpi Somaya Gowda, una scrittrice di origini indiane nata e cresciuta a Toronto, che ha trascorso dei periodi nella terra di origine dei genitori come volontaria in un orfanotrofio. Il romanzo, ambientato tra gli anni Ottanta e Duemila, ha come protagonista una bambina di nome Asha, nata in un povero villaggio da una coppia composta da Kavita e dal marito Jasu. Kavita che ha già perso una figlia a causa della tradizione culturale di un Paese che predilige i maschi considerando le femmine solo un impiccio, vorrebbe tenerla, ma il marito la costringe a darla in adozione evitando, così il famigerato infanticidio selettivo. La piccola viene adottata all’età di un anno da Krishnan e Somer, una coppia di medici senza figli. Mentre l’ infanzia di Asha scorre serena circondata dall’amore dei genitori adottivi, la sua famiglia biologica è al settimo cielo per via della nascita del figlio maschio Vijay e si trasferisce a Mumbai in cerca di illusorie condizioni di vita migliori. Diventata ormai adulta, Asha si iscrive alla facoltà di giornalismo alla Stanford University e parte per l’India dove vive la famiglia di Krishnan per svolgere un tirocinio presso il Times Of India. Durante il suo soggiorno a casa dei nonni, Asha visita gli slum, esamina i dati anagrafici del Paese e scopre l’ esistenza di due Indie: una sviluppata e progredita, un’ altra povera piena di problemi sociali, culturali ed economici. Asha a partire dall’età di sedici anni ha il desiderio di saperne di più sulle sue origini, su chi siano i suoi genitori naturali e se l’abbiamo mai amata. Rivolgendosi all’orfanotrofio in cui è stata allevata, scopre i nomi dei suoi veri genitori e dal significato del suo nome Usha, che in hindi vuol dire “alba”, capisce di essere stata amata anche se solo per tre giorni. Intanto Vijay, diventato un uomo, comincia a dare grossi grattacapi e delusioni ai genitori: frequenta cattive compagnie, diventa un criminale e finisce in carcere. La storia si conclude con Jasu che, mentre assiste la moglie febbricitante, le recita a memoria un articolo della figlia “scartata”, diventata giornalista di successo, immaginando come sarebbe stata la loro vita se fosse rimasta a vivere con loro.

IL PRIMO INCONTRO CON ASHA

DECAMERON

Noi tutti sappiamo che il Decameron è una lettura obbligatoria nelle scuole nostrane . Ultimamente non l'ho letto per obbligo, ma perché mi è sempre piaciuto.

Esso parla di dieci ragazzi, sette femmine e tre maschi, che si rifugiano in una villa di campagna per sfuggire all' epidemia di peste del 1300.

Per ingannare il tempo e non pensare a ciò che c' è là fuori, raccontano a turno 100 novelle in 10 giornate.

Le ho trovate una più bella dell' altra, la mia preferita è la storia del cuoco Chichibio   a servizio del nobile Corrado Gianfigliazzi.

Egli viene incaricato dal padrone di cucinare a puntino una gru, ma Brunetta, la ragazza di cui il cuoco è innamorato cotto, gli fa una battuta dicendogli che le gru quando dormono hanno una zampa sola, alla scopo di averne una coscia.

Quando il pranzo viene servito il padrone è furioso perché manca una coscia e porta Chichibio in riva al fiume per vedere chi dei due ha ragione su quante zampe abbia l'animale.

Giunti sul posto, Giafigliazzi si mette ad urlare e gli uccelli si alzano in volo dando ragione al nobile. Il cuoco alla fine della novella fa anche lui una battuta dichiarando che, se Corrado avesse urlato anche alla gru sul vassoio, sicuramente essa avrebbe mostrato l'altra zampa.

Questa novella dimostra che anche un cuoco può essere intelligente: all'epoca i popolani venivano creduti sciocchi.

Molti studenti odiano la lettura dei classici perché costretti dagli insegnanti; ma se essi venissero rispolverati alla fine del ciclo scolastico, imparerebbero maggiormente ad apprezzarli.

LA RABBIA DI CORRADO GIANFIGLIAZZI


L’ ANNO IN CUI IMPARAI A RACCONTARE STORIE

Alle medie ho letto “Il buio oltre la siepe” uno dei romanzi che più amo. Recentemente è stato pubblicato un suo degno erede: “L’anno in cui imparai a raccontare storie” di Lauren Wolk.

E’ ambientato del 1943 e ha come protagonista Annabelle, una ragazzina di dodici anni che abita in una fattoria con i genitori, i nonni paterni, la zia (sorella del padre) e i fratelli di nove e sette anni, a Wolf Hollow, nei pressi di Pittsburgh. Il suo primo giorno di scuola fa conoscenza di Betty Glengarry, una bulla prepotente e violenta che l’ aggredisce e la minaccia sia fisicamente che verbalmente. Annabelle vorrebbe raccontare tutto ai suoi genitori, ma per paura inizia a mentire e a tenere segreto ciò che, a causa di Betty, accade a lei, ai suoi fratelli e alla sua amica Ruth. Essendo in tempo di guerra, molti cittadini americani utilizzano gli immigrati tedeschi presenti nel Paese come capro espiatorio e Betty, sapendolo, lancia un sasso contro un tedesco ferendo Ruth ad un occhio. Betty si difende accusando Toby, vicino di casa di Annabelle, un uomo di poche parole, veterano della Grande Guerra e considerato pericoloso dagli abitanti della cittadina. Egli stesso rivela alla ragazzina di essere innocente e di averne la prova: una fotografia da lui stesso scattata che ritrae Betty nell’ atto di tirare il sasso. Siccome la polizia gli sta dando la caccia, Annabelle nasconde Toby nel fienile, e lì a poco a poco diventano amici. In contemporanea Betty scompare e viene in seguito trovata in un pozzo in cui Toby stesso si cala per trarla in salvo, ma la ragazza mente spudoratamente dichiarando che l’uomo la voleva uccidere spingendola nel pozzo. A questo punto a Toby , visto come un assassino, non rimane che fuggire verso l’Ohio, costretto a dire addio ad Annabelle. Infine Betty muore in ospedale a seguito di un’ infezione dell’alluce andato in cancrena. Anche Toby incontrerà la morte, ucciso dagli agenti di polizia. Il libro si conclude con i funerali di Betty e Toby, che resterà sempre nel cuore di Annabelle che ha finalmente imparato a dire la verità.

TOBY TRAE IN SALVO BETTY

NICHOLAS NICKLEBY

Essendo una fervida ammiratrice dei romanzi di Dickens, consiglio vivamente la lettura di “Nicholas Nickleby” che ho di recente terminato di leggere. Come da titolo, il romanzo ha come protagonista Nicholas Nickleby, un ragazzo diciannovenne orfano di padre che vive a Londra con la madre e la sorella Kate. Alla morte del capofamiglia il suo perfido e avido zio Ralph ne assume le veci, trovando lavoro al nipote come insegnante nello Yorkshire alla Dotheboys Hall, un istituto per ragazzi abbandonati diretta da Wackford Squeers, che sottopone i suoi allievi a continue crudeltà e maltrattamenti. Nicholas prova una profonda pietà per i ragazzi, in particolare per Smike, un ragazzo ormai maggiorenne molto più immaturo rispetto alla sua età a causa della mancanza d’affetto e di umanità a cui è sottoposto. Il nuovo insegnante lo prende sotto la sua protezione, difendendolo da Mr Squeers e fuggendo con lui dall' istituto. Anche la sorella Kate viene mandata dallo zio a lavorare in una sartoria nella quale incontra persone poco amichevoli. Nicholas trova impiego presso una compagnia teatrale itinerante, con a capo la famiglia Crummles. All’inizio il ragazzo sembra andare d’accordo con i colleghi, ma una provocazione subita da un altro membro della compagnia lo costringe ad abbandonarla e viene salutato con una grande festa. Quando Nicholas torna in famiglia, lo zio si allea con Squeers facendogli da spia e rivelandogli dove si trovano il nipote e Smike. Quest’ ultimo viene riportato in istituto dove John Browdie, un amico di Nicholas, avendo compassione di lui lo aiuta a fuggire . Appena egli torna dai Nickleby un certo Mr Snawley gli si presenta dicendo di essere suo padre, ma il ragazzo, capendo che Nicholas è l’unica persona che gli è davvero affezionata, trova finalmente il coraggio di ribellarsi. Come ultimo intrigo Ralph decide di rapire la ragazza di cui il nipote è innamorato, Madeline Bray, per darla in sposa a Mr Gride, un altro dei suoi complici. Nicholas ancora una volta manda a monte i piani dello zio, con l’aiuto di Newman Nogss, ex socio di Ralph, che si allea con lui in segreto e ne diventa amico. Le condizioni di salute del povero Smike cominciano a peggiorare tanto che muore di tubercolosi al fianco del suo protettore. Il libro si conclude con la morte di Ralph per suicidio dopo essere caduto in disgrazia. Anche la Dotheboys Hall cade in rovina dopo l’arresto di Mr Squeers, seguito dalla ribellione dei ragazzi che tornano dai loro genitori. Nicholas e Frank Cherryble, felicemente sposati con Madeline e Kate, prendono in mano le redini dell’ azienda presso cui lavorano e diventano soci. Questo è un romanzo attraverso il quale i narratori di Dickens vogliono insegnare ai lettori che la luce della speranza e una presenza amica la si può trovare persino nei momenti più bui e che la vita, essendo un dono, nonostante tutte le sue difficoltà, è degna di essere vissuta.

IL BARONE DI GROEZWIG AFFRONTA LO SPETTRO DELLA DISPERAZIONE E DEL SUICIDIO


DON CHISCIOTTE DELLA MANCHA

Sono stati tempi duri per gli amanti dei cari vecchi libri cartacei che, a causa della chiusura delle biblioteche, devono temporaneamente convertirsi agli ebook pur di leggere qualcosa. Io ho inaugurato il mio nuovo lettore mlol con un classico della letteratura mondiale: Don Chisciotte della Mancha di Miguel De Cervantes. Esso narra la celebre storia di un idalgo che, uscito fuori senno per aver letto troppi romanzi e poemi cavallereschi, decide di autoproclamarsi cavaliere errante, prendere per cavallo un ronzino chiamato Ronzinante, nominare una dama del cuore immaginaria soprannominata Dulcinea a cui dedicare versi e canzoni ed andare in cerca di avventure. Sua nipote, accompagnata da un prete e da un barbiere, avendone abbastanza dell’ ossessione dello zio, decide di buttare dalla finestra e di bruciare tutti i suoi libri al fine di riportarlo alla realtà, ma invano! Intanto il nostro cavaliere nomina come suo scudiero il contadino Sancho Panza che avendo poco sale in zucca è l';unico a credere alle sue storie. Nel corso delle sue avventure Don Chisciotte coinvolge nelle sue fantasie tanti poveri malcapitati:

  • Scambia un' osteria per un castello ordinando al suo oste di nominarlo cavaliere
  • Si scaglia contro dei mulini a vento credendoli giganti
  • Intralcia due poveri frati vedendo in loro degli incantatori che tengono prigioniera una principessa
  • Nuovamente in osteria, scambia la cameriera per una principessa stringendola tra le sue braccia, facendo infuriare il proprietario
  • Vede in un gruppo di pastori un esercito di cavalieri nemici mettendoli in fuga
  • Libera un gruppo di criminali incatenati ricevendo in cambio una pioggia di sassi
  • Racconta le imprese dei cavalieri dei tanti libri letti al primo venuto

Mentre Sancho viene inviato dal padrone nel suo paese natale con una lettera perché la spedisca a Dulcinea, incontra il curato e il barbiere dell' inizio del romanzo e insieme tentano di far tornare Don Chisciotte coi piedi per terra, prima travestendosi poi caricandolo legato su un carro. Ma anche questi due tentativi non hanno successo: egli infatti decapiterà degli otri di vino vedendo in essi dei giganti e intralcerà; due barellieri in una processione mariana, credendo che la statua sia una principessa prigioniera. Dopo tante avventure vissute insieme, Don Chisciotte e il suo ;scudiero diventano amici e la moglie di Sancho è ; stanca dei discorsi del marito su isole e regni immaginari. Nella sua terza e ultima avventura il protagonista e il suo scudiero vanno in cerca di Dulcinea de Toboso, che il nostro cavaliere vede nella prima contadina incontrata lungo la strada e ne ha la "visione; in una grotta". Egli scoprirà inoltre di non essere l' unico cavaliere errante: ne incontrerà; due, sfida a duello il primo e viene invitato a cena dal secondo. In questa avventura per la prima volta non scambia l’osteria per un castello dando segni di miglioramento, ma una volta entrato in un teatro distrugge le marionette riducendole in mille pezzi scambiandoli per mori. Per un breve periodo Don Chisciotte cessa di essere un cavaliere errante senza un signore da servire, perché viene preso al servizio di un duca che gli organizzerà continue burle e offrirà a Sancho un’ isola (che sta sulla terraferma) chiamata Barattaria, facendo soffrire il suo padrone per via della lontananza. Accomiatatosi dai Duchi, Don Chisciotte, vedendo che la gente legge il manoscritto delle sue avventure e si burla di lui, capisce di essere caduto nel ridicolo e insieme a Sancho decide di tornare al suo paese, di ritirarsi dalla cavalleria errante e di iniziare una nuova vita come pastore. Alla fine della storia egli muore a causa di una febbre. Mi sono rattristata molto per questo finale perché, anche se il protagonista è un cavaliere un po’ pazzo, il narratore, raccontando le sue avventure con molto humor, fa in modo che il lettore gli ci si affezioni moltissimo.

DON CHISHOTTE ABBRACCIA LA "PRINCIPESSA"


ANONIMO

PANGUR BAN

Pangur Bán and I at work,

Adepts, equals, cat and clerk:

His whole instinct is to hunt,

Mine to free the meaning pent.

 

More than loud acclaim, I love

Books, silence, thought, my alcove.

Happy for me, Pangur Bán

Child-plays round some mouse’s den.

 

Truth to tell, just being here,

Housed alone, housed together,

Adds up to its own reward:

Concentration, stealthy art.

 

Next thing an unwary mouse

Bares his flank: Pangur pounces.

Next thing lines that held and held

Meaning back begin to yield.

 

All the while, his round bright eye

Fixes on the wall, while I

Focus my less piercing gaze

On the challenge of the page.

 

With his unsheathed, perfect nails

Pangur springs, exults and kills.

When the longed-for, difficult

Answers come, I too exult.

 

So it goes. To each his own.

No vying. No vexation.

Taking pleasure, taking pains,

Kindred spirits, veterans.

 

Day and night, soft purr, soft pad,

Pangur Bán has learned his trade.

Day and night, my own hard work

 

Solves the cruxes, makes a mark.

PANGUR BAN

Pangur Ban E Io Al Lavoro,

Esperti, Uguali, Gatto E Impiegato:

Il Suo Intero Istinto E’ Cacciare,

Il Mio, Liberare La Significativa Penna.

Più Che Ad Alta Voce Acclamare, Io Amo

Libri , Silenzio, Pensiero, La Mia Alcova.

Felice Per Me, Pangur Ban

Gioca Da Bambino Attorno A Delle Tane Per Topi.

A Dir La Verità, Solo Essere Qui,

Accasati Da Soli, Accasati Insieme,

Aggiunge La Sua Ricompensa:

La Concentrazione, Arte Furtiva.

La Prossima Cosa Un Topo Diffidente

Scopre Il Suo Fianco: Pangur Balza.

La Prossima Cosa Linee Che Tenevano E Tenevano

Significa Che  Ricomincia A Rendere.

Tutto A Un Tratto, Il Suo Occhio Rotondo E Luminoso

Si Fissa Sul Muro, Mentre Concentro

La Mia Occhiata Penetrante

Sulla Sfida Della Pagina.

Con Le Sue Perfette Unghie Sfoderate

Panguer Salta, Esulta E Uccide

Quando Le Attese Difficili

Risposte Arrivano Esulto Anch’io.

Così Va. A Ognuno La Sua.

Nessuna Competizione. Nessuna Vessazione.

Prendendo Piacere, Prendendo Dolori,

Spiriti Affini, Veterani.

Giorno E Notte, Soffici Fusa , Soffice Tappeto,

Pangur Ban Ha Imparato Il Suo Scambio.

Giorno E Notte Il Mio Duro Lavoro

Risolve I Cruci, Fa’ Un Segno

 

 

 

 



GEORGE HERBERT (1593-1633)

LOVE

Love bade me welcome; yet my soul drew back,

Guilty of dust and sin.

But quick-eyed Love, observing me grow slack

From my first entrance in,

Drew nearer to me, sweetly questioning

If I lack’d anything.

 

‘A guest,’ I answer’d, ‘worthy to be here:’

Love said, ‘You shall be he.’

‘I, the unkind, ungrateful? Ah, my dear,

I cannot look on Thee.’

Love took my hand and smiling did reply,

‘Who made the eyes but I?’

 

‘Truth, Lord; but I have marr’d them: let my shame

Go where it doth deserve.’

‘And know you not,’ says Love, ‘Who bore the blame?’

‘My dear, then I will serve.’

‘You must sit down,’ says Love, ‘and taste my meat.’

 

So I did sit and eat.

AMORE

L’ Amore Mi Ha Augurato Il Benvenuto; Ancora La Mia Anima Ha Arretrato,

Colpevole Di Polvere E Peccato.

Ma L’amore Dall’occhio Vigile, Osservandomi Crebbe Lenta

Dalla Mia Prima Entrata,

Si Trascinò Piu’ Vicino A Me, Chiedendomi Dolcemente

Se Mi Mancava qualcosa

“Un Ospite” Risposi “Degno Di Essere Qui:”

L’amore Disse, “ Tu Dovresti Essere Lui”

“Io, Lo Scortese, Ingrato” Ah Cielo,

Non Posso Guardarti”.

L’amore Prese La Mia Mano E Sorridendo Rispose.

“Chi Ha Fatto Gli Occhi Se Non Io?”

“La Verità Signore Ma Li Ho Sposati:

Lascia Andare La Mia Vergogna Dove Non Merita”

“E Non Sai” Dice L’ Amore “Chi Ha Generato La Colpa?”

Mia Cara, Allora Servirò

“Devi Sederti” Dice L’amore “ E Assaporare La Mia Carne”

Così Mi Sedetti E Mangiai

 

 



EMILY DICKINSON (1830-1886)

THE WIND’ S  VISIT

The wind tapped like a tired man,

And like a host, "Come in,"

I boldly answered; entered then

My residence within

 

A rapid, footless guest,

To offer whom a chair

Were as impossible as hand

A sofa to the air.

 

No bone had he to bind him,

His speech was like the push

Of numerous humming-birds at once

From a superior bush.

 

His countenance a billow,

His fingers, if he pass,

Let go a music, as of tunes

Blown tremulous in glass.

 

He visited, still flitting;

Then, like a timid man,

Again he tapped — 't was flurriedly —

And I became alone.

 

 

LA VISTA DEL VENTO

Il Vento Bussò Come Un Uomo Stanco,

E Come Un Ospite, “Avanti,”

Risposi Audacemente; Poi Entrò

Dentro La Mia Residenza

Un Rapido, Ospite Senza Piedi,

A Cui Offrire Una Sedia

Erano Cosi Impossibili Come La Mano

Un Divano Nell’ Aria.

 

Nessun Osso Aveva Egli Da Fasciare,

Il Suo Discorso Era Come La Spinta

Di Numerosi Uccelli Ronzanti Alla Volta

Da Un Cespuglio Superiore.

La Sua Continenza Un Fluttuo,

Le Sue Dita, Se Passa,

Lasciano Andare La Musica, Come Fosse Una Melodia

Soffiata Tremula Sul Vetro.

E’ Venuto A Trovarmi, Ancora Svolazzando

Poi, Come Un Uomo Timoroso,

Di Nuovo Bussò Turbinante

E Divenni Sola



MICHEAL SWAN

PARROT

 

The parrot is in the forest.

 

The parrot is green and gold.

 

The parrot is having a great old time

 

flashing about in the treetops.

 

 

 

The poem is about the parrot.

 

The poem is black and white.

 

The poem is full of words.

 

It is not very easy to understand.

 

 

 

The lecture is about the poem.

 

The lecture is extremely full of words.

 

The lecture is excessively tedious.

 

In the front row

 

several grey nuns are taking notes.

 

 

 

The parrot did well not to come.

 

 

 

PAPPAGALLO

 

Il pappagallo è nella foresta.

 

Il pappagallo è verde e oro.

 

Il pappagallo si sta divertendo molto

 

Volteggiando sulle cime degli alberi.

 

 

 

La poesia è sul pappagallo

 

La poesia è in bianco e nero

 

La poesia è piena di parole.

 

Non è molto facile da capire.

 

 

 

La lezione è sulla poesia.

 

La lezione è estremamente piena di parole.

 

La lezione è eccessivamente tediosa.

 

Nella fila davanti

 

Alcune suore in grigio stano prendendo appunti.

 

 

Il pappagallo ha fatto bene a non venire.

 

 

 

 

 



EVA GORE BOOTH (1870-1926)

 COMRADES

 

The peaceful night that round me flows,

 

Breaks through your iron prison doors,

 

Free through the world your spirit goes,

 

Forbidden hands are clasping yours.

 

The wind is our confederate,

 

The night has left her doors ajar,

 

We meet beyond earth’s barred gate,

 

Where all the world’s wild Rebels are.

 

CAMERATI

 

La pacifica notte che intorno a me scorre,

 

Supera le porte di ferro della tua prigione,

 

Libero attraverso il mondo il tuo spirito va,

 

mani proibite stanno stringendo le tue.

 

Il vento è nostro alleato,

 

la notte ha lasciato le sue porte socchiuse,

 

ci incontriamo al di là della porta sbarrata della Terra,

 

dove sono tutti i Ribelli del mondo.  



MICHEAL SWAN

BRACKETS

 

I think continually of
how I will, very shortly,
write a novel
that will get me the Nobel prize
(only first,
I have one or two important things
to finish off
(which I will start on
as soon as I have cleared my desk
(which I will get busy on tomorrow
(or at least, I would
if I didn’t have three meetings and a dental appointment
(but anyway,
believe me,
the novel is on its way
(if only I can get out of these brackets)))))).

 

PARENTESI

 

Penso continuamente a come, a breve, scriverò un romanzo che mi farà ottenere il premio Nobel

 

(solo che prima, ho una o due cose importanti da finire

 

(che inizierò non appena ho messo in ordine la mia scrivania

 

(che mi darò da fare domani

 

(o almeno, dovrei se non avessi avuto tre incontri e appuntamento dentistico

 

( ma comunque,

 

credetemi,

 

il romanzo è in arrivo

 

(se solo potessi uscire da queste parentesi))))))).

 



WILLIAM ERNEST HENLEY (1849-1903)

                   INVICTUS

 

Out of the night that covers me,

 

Black as the pit from pole to pole,

 

I thank whatever gods may be

 

For my unconquerable soul.

 

 

 

In the fell clutch of circumstance

 

I have not winced nor cried aloud.

 

Under the bludgeonings of chance

 

My head is bloody, but unbowed.

 

 

 

Beyond this place of wrath and tears

 

Looms but the Horror of the shade,

 

And yet the menace of the years

 

Finds and shall find me unafraid.

 

 

 

It matters not how strait the gate,

 

How charged with punishments the scroll,

 

I am the master of my fate,

 

I am the captain of my soul.

 

 

 

NON VINTO

 

Fuori dalla notte che mi copre,

 

Nera come la cavità da polo a polo,

 

Ringrazio qualunque Dio ci sia

 

Per la mia anima indomabile.

 

Nelle stampelle cadute delle circostanze

 

Non ho mai trasalito nessun alto grido.

 

Sotto la randellata della sorte

 

La mia testa è sanguinante, ma non si è chinata.

 

Oltre questo posto di ira e di lacrime

 

Si profila ma l’ orrore dell’ombra,

 

E ancora la minaccia degli anni

 

Mi trovano e mi troveranno senza paura.

 

Non importa quanto sia stretta la porta,

 

Come carica di punizioni  la pergamena,

 

Sono il padrone del mio destino,

 

Sono il capitano della mia anima.

 

 

 



SPARTACUS

I TURN HOME

 

When the blazing sun hangs low in the western sky,
when the wind dies away on the mountain,
when the song of the meadowlark turns still,
when the field locust clicks no more in the field,
and the sea foam sleeps like a maiden at rest,
and twilight touches the shape of the wandering earth,
I turn home.
Through blue shadows and purple woods,
I turn home.
I turn to the place that I was born,
to the mother who bore me and the father who taught me,
long ago, long ago, long ago.
Alone am l now, lost and alone, in a far, wide, wandering world.
Yet still when the blazing sun hangs low,
when the wind dies away and the sea foam sleeps,
and twilight touches the wandering earth,
I turn home.

 

TORNO A CASA

 

Quando il sole sfolgorante si appende alto nel cielo orientale,

 

quando il vento muore sulle montagne,

 

quando la canzone della stornella si ferma,

 

quando la locusta del campo non schiocca più nel campo,

 

e la schiuma del mare dorme come una nubile a riposo,

 

e il crepuscolo tocca la forma della terra vagante,

 

Torno a casa.

 

Attraverso le ombre blu e i boschi viola,

 

Torno a casa.

 

Torno al posto in cui sono nato,

 

dalla madre che mi ha generato e il padre che mi ha insegnato,

 

molto tempo fa, molto tempo fa, molto tempo fa.

 

Solo ora io sono, perso e solo, in un lontano, vasto, mondo vagante.

 

Ancora quando il sole sfolgorante si appende alto,

 

quando il vento muore e la schiuma del mare dorme,

 

e il crepuscolo tocca la terra vagante,

 

Torno a casa.



RUDYARD KIPLING (1865-1936)

THE RIVER'S TALE

Twenty bridges from Tower to Kew -
Wanted to know what the River knew,

Twenty Bridges or twenty-two,
For they were young, and the Thames was old
And this is the tale that River told:-

"I walk my beat before London Town,
Five hours up and seven down.

 

Up I go till I end my run
At Tide-end-town, which is Teddington.
Down I come with the mud in my hands
And plaster it over the Maplin Sands.


But I'd have you know that these waters of mine
Were once a branch of the River Rhine,
When hundreds of miles to the East I went
And England was joined to the Continent.


"I remember the bat-winged lizard-birds,
The Age of Ice and the mammoth herds,
And the giant tigers that stalked them down
Through Regent's Park into Camden Town.
And I remember like yesterday
The earliest Cockney who came my way,
When he pushed through the forest that lined the Strand,
With paint on his face and a club in his hand.
He was death to feather and fin and fur.
He trapped my beavers at Westminster.
He netted my salmon, he hunted my deer,
He killed my heron off Lambeth Pier.


He fought his neighbour with axes and swords,
Flint or bronze, at my upper fords,
While down at Greenwich, for slaves and tin,
The tall Phoenician ships stole in,
And North Sea war-boats, painted and gay,
Flashed like dragon-flies, Erith way;
And Norseman and Negro and Gaul and Greek
Drank with the Britons in Barking Creek,
And life was gay, and the world was new,
And I was a mile across at Kew!


But the Roman came with a heavy hand,
And bridged and roaded and ruled the land,
And the Roman left and the Danes blew in -
And that's where your history-books begin!"

 

 

 

IL RACCONTO DEL FIUME

 

Dodici ponti dal Tower al Kew

 

Volevano sapere ciò che sapeva il Fiume,

 

Dodici ponti o ventidue,

 

perché loro erano giovani e il Tamigi era vecchio

 

E questo è  il racconto  che il fiume ha narrato:

 

“Percorro il mio ritmo davanti alla città di Londra,

 

Cinque ore su e sette giù.

 

Su io vado finché non finisco la mia corsa

 

Alla città di fine marea, che  è Teddington.

 

Giù io vengo con il fango nelle mie mani

 

E lo incollo sulle Maplin Sands.

 

Ma dovevo farti sapere che queste mie acque

 

Erano un tempo un ramo del fiume Reno,

 

Quando sono andato centinaia di miglia verso Est

 

E l’Inghilterra era unita al Continente.

 

“Ricordo gli uccelli lucertola con le ali di pipistrello,

 

L’Era Glaciale e le greggi di mammouth,

 

E le tigri giganti che davano loro la caccia

 

Attraverso Regent’s Park a Camden Town.

 

E  ricordo come se fosse ieri

 

Il primo Cockney che arrivavano sulla mia via ,

 

Quando si  spingeva attraverso la foresta che delimitava lo Strand,

 

Con la pittura sulla faccia e una clava nella mano.

 

Era la morte per piume e pinne e pelliccia.

 

Ha intrappolato i miei castori a Westminster.

 

Ha messo in rete il mio salmone, ha cacciato il mio cervo,

 

Ha ucciso il mio airone fuori da Lamberth Pier.

 

Ha combattuto il suo vicino con asce e spade,

 

di selce o di bronzo, ai miei guadi soprastanti,

 

Mentre giù a Greenwich, per schiavi e monete,

 

Le alti navi Fenice hanno rubato,

 

E le navi da guerra del Mare del Nord, dipinte e gaie,

 

Saettavano come libellule,  sulla via di Erith;

 

 E il Norvegese e il Nero e il Gallo e il Greco

 

Hanno bevuto coi Bretoni a Barking Creek,

 

E la vita era gaia, e il mondo era nuovo,

 

Ed avevo attraversato un miglio a Kew!

 

Ma il Romano venne con mano pesante,

 

E  costruì ponti e strade e comandò la terra,

 

E il Romano partì e i Danesi esplosero

 

Ed ecco dove cominciano i nostri libri di storia!”   

 



CHARLES DICKENS (1812-1870)

THE IVY GREEN

Oh, a dainty plant is the Ivy green,

 That creepeth o’er ruins old!

 Of right choice food are his meals, I ween,

 In his cell so lone and cold.

 The wall must be crumbled, the stone decayed,

 To pleasure his dainty whim;

 And the mouldering dust that years have made,

 Is a merry meal for him.

       Creeping where no life is seen,

       A rare old plant is the Ivy green.

 

Fast he stealeth on, though he wears no wings,

 And a staunch old heart has he.

 How closely he twineth, how tight he clings

 To his friend the huge Oak Tree!

 And slily he traileth along the ground,

 And his leaves he gently waves,

 As he joyously hugs and crawleth round

 The rich mould of dead men’s graves.

 

       Creeping where grim death has been,

      A rare old plant is the Ivy green.

 

Whole ages have fled and their works decayed,

 And nations have scattered been;

 But the stout old Ivy shall never fade,

 From its hale and hearty green.

 The brave old plant in its lonely days,

 Shall fatten upon the past;

 For the stateliest building man can raise,

 Is the Ivy’s food at last.

      Creeping on where time has been,

 

      A rare old plant is the Ivy green.

L’ EDERA VERDE

Oh, una pianta delicata è l’ Edera verde,

Che striscia sulle vecchie rovine!

Cibo di giusta scelta sono i suoi pasti, penso io,

Nella sua cella così solitaria e fredda.

Il muro deve essere sbriciolato, la pietra decaduta,

Per compiacere il suo delicato capriccio;

E la polvere ammuffita che gli anni hanno fatto,

E’ un pasto di nozze per lui.

      Strisciante dove nessuna vita è vista,

      Una vecchia rara pianta è l’ Edera verde.

 

Veloce lo rapisce, nonostante non indossi le ali,

E  un vecchio cuore convinto ha.

Come vicino si attorciglia, come forte si aggrappa

Alla sua amica l’enorme Quercia!

E astutamente striscia lungo il terreno,

E le sue foglie gentilmente agita,

Mentre gioiosamente abbraccia e striscia intorno

La ricca muffa delle tombe degli uomini morti.

 

     Strisciante dove la truce morte è stata,  

     Una vecchia rara pianta è l’Edera verde.

 

Interi anni sono volati  e i loro compiti decaduti,

E  le nazioni sparse sono state;

Ma la corpulenta vecchia Edera non dovrebbe mai sbiadire,

Dal suo sano e cordiale verde.

La coraggiosa vecchia pianta nei sui solitari giorni,

Dovrebbe ingrassare sul passato;

Per il più maestoso uomo costruttore  può sorgere, 

E’ il cibo dell’ Edera finalmente.

        Strisciante dove il tempo è stato

        Una rara vecchia pianta è l’ Edera verde.

 

 



RYAN FLETCHER

ABYSS

Vastness.

Distance.

A hard shout ahead.

I am failed

I am failure,

All momentum is dead.

Like hell, like hell, like hell,

like hell I'll get my way!

I reached out to all of my friends,

And got nothing back today

Pray tell, pray,

What now do I do?

Drifting unaware,

Oceans wide, oceans bare,

Damn the sun's bright glare!

Living is never fair.

I am failure

I am failed

All momentum is dead.

All is vastness,

All is distance,

 

It's a hard shout ahead.

ABISSO

Vastità.

Distanza.

Un duro grido in avanti

Ho fallito

Sono un fallimento,

Tutti gli impulsi sono morti.

Come l’inferno, come l’inferno, come l’ inferno,

come l’ inferno prenderò la mia strada!

Ho raggiunto tutti i miei amici,

E’ oggi non ho ricevuto niente in cambio

Pregare, dire, pregare,

Cosa faccio adesso?

Alla deriva inconsapevole,

Vasti oceani, desolanti oceani,

Maledetta la luce accecante del sole!

Vivere non è mai giusto.

Sono un fallimento

Ho fallito

Tutti gli impulsi sono morti.

Tutto è vastità,

Tutto è distanza,

E’ un duro grido in avanti.

 

 



PATRICK GALVIN (CORK 1927-2011)

REMEMBER SPAIN

The legions march
Across the olive groves

of Spain


Their feet are guns
Their eyes are bullets in my lungs-
Remember Spain

I cried to you
When the first flame arose
In Andalucia
Now the flame is a fire
That burns the Pyrenees-
Remember Spain

I will not yield
I will not fall
I will eat dynamite
And one day I will explode
Like a volcano-


Remember Spain

Listen,
They are bombing
 Guernica
Arrows fall from the skies
Bayonets are growin in the fields
Children are bleeding
I will not weep-

Remember Spain
Remember Spain...

RICORDA SPAGNA

Le legioni marciano

Attraverso i boschetti di olive

Della Spagna

I loro piedi sono pistole

I loro occhi sono pallottole dei miei polmoni

Ricorda Spagna

Ho pianto per te

Quando la prima fiamma è sorta

In Andalusia

Ora la fiamma è un fuoco

Che brucia i Pirenei

Ricorda Spagna

Io non cederò

Io non cadrò

Mangerò dinamite

E un giorno io esploderò

come un vulcano

Ricorda Spagna

Ascolta,

Stanno bombardando Guernica

Le frecce cadono dal cielo

Le baionette stanno crescendo nei campi

I bambini stanno sanguinando

Io non piangerò

Ricorda Spagna

Ricorda Spagna…

 

 



GREEN BOOK

Ho deciso di inaugurare questa nuova sezione sul cinema con un film che purtroppo non ho visto in sala perché interessata a guardare “Il primo re” su Romolo e me ne sono pentita amaramente! Quest’ultimo non l’ho gradito perché c’erano scene crude ed era in latino arcaico con sottotitoli. Ho comunque rimediato vedendolo da casa in questo periodo di quarantena. S’ intitola “Green book” e narra la storia vera dell’ amicizia tra il taxista Frank Tony Vallelonga e il musicista nero Donald Shirley nel 1962 durante la segregazione razziale. Donald è alla cerca di un taxista che lo accompagni durante il suo tour musicale in giro per gli USA e Tony, sebbene sia pieno di pregiudizi verso le persone di colore (ma anche verso i tedeschi per esperienze di guerra e gli italiani nonostante le sue origini), accetta di farlo per quattro mesi di contratto. Prima della partenza a Frank viene consegnato un libro verde, che è un elenco di locali che accettano i neri. Più volte Shiley cercherà di fare la morale e di convincere il suo taxista che le sue idee preconcette sulle altre etnie (i neri in particolare) sono sbagliate e lo invita ad essere più educato. Egli più volte assiste ad episodi di razzismo nei confronti del suo cliente salvandogli la pelle. Il musicista lo ricambia saldando con lui un profondo legame di amicizia. Shiley in seguito diventa un musicista di fama internazionale, ricevendo complimenti persino dal celebre musicista russo Igor Stravinsky, mentre Vallelonga diventa maître dell’ hotel Copacabana. I due rimasero amici fino al 2013, morendo a pochi mesi di distanza l’ uno dall’altro. Se lo avessi visto prima al cinema non me ne sarei pentita perché è veramente bello!


TOLKIEN

John R. R Tolkien è conosciuto da tutti come l’ autore della trilogia del “Signore degli Anelli” e di “L’ Hobbit”, ma un paio di anni fa è stato girato un film sulla sua vita personale, che fu a mio avviso molto intensa. Egli nacque a Bloemfontein in Sudafrica, allora colonia britannica. La famiglia tornò in patria per seguire il padre, che lo scrittore perse per un’ influenza all’ età di quattro anni. Per fortuna trovò una figura paterna in Francis Morgan, lo stesso prete che aveva seguito i Tolkien nella conversione al cattolicesimo. Da adolescente rimase orfano anche di madre per complicanze del diabete. La sua prima fonte di ispirazione per le sue storie furono dei racconti mitologici che sua madre gli narrava, in particolare quella del guerriero Sirgud che uccise un drago. Egli portava sempre con sè un quaderno di schizzi per disegnare le bozze dei suoi personaggi. La Compagnia dell’Anello trae invece ispirazione da un club di gioventù (il TCBS), fondato insieme a tre compagni di scuola, e dalla mitologia germanica. La sua dote innata per le lingue gli fu di grande aiuto per creare gli idiomi del suo mondo fantastico mischiandoli tra di loro. A sedici anni s’innamorò di Edith Bratt, orfana come lui, ma Francis Morgan ebbe da dissentire sul loro rapporto perché non era cattolica e i due non avevano ancora raggiunto la maggiore età. Ammesso all’ università di Oxford frequentò il corso di filologia per migliorare la sua conoscenza delle lingue e studiarne le strutture grammaticali. Dopo che l’Inghilterra entrò in guerra si arruolò arrivando al grado di tenente. Prima della partenza spedì, una lettera ad Edith affinché non si dimenticasse di lui mentre era al fronte. Alla fine del conflitto si riconciliarono, si sposarono, ebbero quattro figli ed egli divenne professore ad Oxford. Ho amato moltissimo questo film perché mi ha fatto conoscere Tolkien, non soltanto come scrittore ma anche come uomo, e mi ha fatto venire voglia, dopo tanta riluttanza, di leggere le sue opere perché oltre ad essere delle belle storie,esse contengono un meraviglioso messaggio di fede. Vi consiglio vivamente di non perderli entrambi.


AUGUST RUSH

Se amate la musica e volete vivere un viaggio incredibile alla velocità del suono questo film è fatto proprio per voi. E’ il mio preferito in assoluto! S’ intitola “August Rush”. Uscito nel 2007, esso narra la storia di Evans Taylor, un ragazzino di 12 anni con un innato talento musicale, cresciuto in una casa famiglia dopo che undici anni prima la madre Lyla, una violoncellista durante una notte di passione con un cantante irlandese di nome Louis, giunto a New York per esibirsi con la sua band, rimane incinta. Rimasta vittima di un incidente, teme per la vita del suo bambino, che sopravvive, ma il padre di lei le fa credere che sia morto. Evans, stanco di essere preso in giro dagli altri ragazzi della comunità perché convinto di poter rintracciare i suoi genitori (che intanto hanno lasciato le loro carriere musicali per inseguire nuove vite), attraverso la musica, che egli credere essere un dono che essi gli hanno trasmesso, fugge alla volta della Grande Mela dove viene ospitato da una banda di ragazzini di strada, diretta da Maxwell Wallace detto il Mago, che li sfrutta per avere in cambio i soldi da loro guadagnati. Egli regalerà al ragazzino una chitarra, gli insegnerà a suonarla e gli troverà un nome d’arte: August Rush. Il padre di Lyla, morente per un cancro in un letto d’ospedale, rivela alla figlia la verità sul bambino. Lei parte alla sua ricerca, mentre Louis, che non ha mai dimenticato la ragazza, prova a contattarla. La polizia intanto è alla ricerca del Mago per arrestarlo e Evans comincia a capire che lo sta solo usando. Rifugiatosi in una chiesa, il suo prodigioso talento viene notato anche dal reverendo che lo iscrive ad una scuola di musica per apprendere le note. Mentre Evans sta facendo le prove per un concerto organizzato dalla scuola, viene portato via dal Mago con l’inganno, fingendo di essere suo padre e riportandolo a suonare in strada. Intanto i suoi genitori riprendono a suonare per farsi sentire dal figlio che finalmente al concerto li ritroverà. Io adoro questo film pieno di poesia che fa sognare ad ogni nota. Assolutamente un must!!


BALTO E TOGO: LA LEGGENDA

Chi di noi da piccolo non ha mai visto il film a cartone animato “Balto”? Racconta la storia di un cane incrociato con un lupo che vive solo ed emarginato insieme all’ oca russa Boris e due orsi polari pasticcioni nella cittadina di Nome, Alaska. Allo scoppio di un’ epidemia di difterite, il cane lupo diventa alla fine un eroe per aver salvato i bambini trasportando l’antitossina da Nenana fino a Nome. Questa è una versione romanzata della storia accaduta nel 1925: è infatti impossibile che un cane possa compiere una simile impresa tutto da solo! Nella storia realmente accaduta negli anni 20’, portata sul grande schermo grazie al film “Balto e Togo: la leggenda ” , i celebri cani erano di razza husky (non meticci) e appartenevano al musher Leonhard Seppala, immigrato dalla Norvegia in cerca dell’oro. Quando nell’ inverno del 1925 scoppiò l’epidemia che causò centinaia di morti tra la popolazione infantile, per via del suo sistema respiratorio non sviluppato a differenza di quello degli adulti, il governatore dello Stato scelse di affidare la missione di consegna del siero ai musher con le loro squadre di cani attraverso una staffetta di venticinque tappe, affrontando temperature estreme di meno sessanta gradi. La consegna del siero per via aerea, infatti, era fallita a causa di una bufera e ugualmente quella via mare a causa del ghiaccio Togo e Balto, ciascuno con il loro padrone e musher , compirono il penultimo e ultimo tratto del percorso salvando la cittadina ed evitando l’ aggravamento dell’ epidemia. Questa è una storia di sorprendente coraggio che vuol dimostrare, soprattutto in un periodo di emergenza sanitaria come quello attuale, che grazie al progresso medico le malattie infettive non sono invincibili e possono essere curate e sconfitte.


I miei capolavori ispiarati dalle mie numerose letture


Benvenuti nella rubrica GIOCOIMPARO, con tanti esercizi anche online per imparare in modo divertente.

In questo numero potrete imparare i colori in inglese con gli amici della saga di Guerre Stellari.